Argentina: memoria, verità e giustizia

Due anni fermi, senza vedere il mondo senza incrociare gli sguardi e correre per gli aeroporti. È stata dura ma finalmente da pochi mesi abbiamo iniziato a riprenderci ciò che la pandemia ci ha tolto: il viaggio e così come per magia, perché in fondo il viaggio è pura magia, sono tornata dopo alcuni anni in Argentina, ho condiviso grazie all’estemporaneità dei social questo paese dalle grandi strade, dalle città sempre in movimento, dagli scorci sempre diversi, ma ho lasciato volutamente per un racconto più dettagliato un incontro importante che racchiude in sé quel pezzo di storia dell’Argentina che ancora oggi grida e pretende memoria, verità e giustizia.
Dal 24 marzo 1976 a dicembre del 1983 la vita degli argentini è stata spezzata da una feroce dittatura. Una morsa di paura, morti, torture. Sono gli anni delle dittature sudamericane, dei desaparecidos, della violazione dei diritti umani.
È il 1976, a Buenos Aires come in altre città, tra cui La Plata, nascono centri di tortura e di detenzione dove attivisti politici e chiunque si opponeva alla dittatura veniva portato, interrogato, torturato e ucciso.
Alla fine della dittatura, è il 1983, l’Argentina è un paese sconvolto.
30000 desaparecidos e 500 bambini figli dei desaparecidos strappati alle famiglie.
Il Paese deve ricominciare a vivere. I cittadini decidono in vari modi e con diverse tipologie di impegno a ricostruire l’Argentina partendo dalla democrazia.
Nasce il movimento delle Abuelas Plaza de Mayo, sono donne alle quali la dittatura ha portato via i figli, i mariti e le figlie, ragazze in stato interessante uccise dopo il parto. La ricerca dei bambini scomparsi, affidati famiglie vicine al regime militare, diventa per le nonne di piazza di maggio l’impegno per la vita. Nasce anche l’associazione Madres Plaza de Mayo. Cercano figli e nipoti.
Dopo 45 anni le nonne e le mamme di piazza di maggio ancora ogni giovedì alle 15.30 marciano su Plaza de Mayo chiedendo giustizia e verità.
Sono 130 ad oggi i bambini ritrovati, bambini diventati ora uomini e donne.
Ogni 24 marzo Buenos Aires accoglie tra le sue avenide lunghe e larghe gli argentini che ancora dopo 46 anni marciano per i diritti umani affinché nessuno, sopratutto le generazioni future, dimentichino l’importanza della democrazia.
In Argentina l’impegno per i diritti umani è sentito, vivo, motivato, inserito nel lavoro, nella vita pubblica, nella vita sociale e culturale perché sono 30000 mila le persone scomparse e per quelle persone ancora, ancora e ancora gli argentini marceranno.
Ho intrapreso questo viaggio in questo grande Paese con Antonella Attili, attrice di lungo corso impegnata per i diritti umani dei bambini con Terre des Hommes.
Abbiamo partecipato alla marcia del 24 marzo a Buenos Aires, abbiamo partecipato alla marcia delle nonne delle mamma e delle nonne di Plaza di Mayo, ormai anziane, alcune anche in carrozzella, ma sempre presenti con il loro fazzoletto bianco, simbolo della loro lotta e cariche della loro forza in quella piazza simbolo di tante proteste in quei luoghi nella città di Buenos Aires che raccontano questa ferita ancora aperta. È proprio il luogo dove tutto l’orrore marciava, dove le persone venivano interrogate, torturate, imprigionate con le mani e i piedi legati e rigorosamente incappucciate diventati abbiamo visitato con l’attrice argentina Luisa Kuliok, da sempre impegnata con il teatro per l’identità.
Museo Ex-Esma, quello che fu luogo di tortura e di detenzione, oggi Museo per raccontare il passato guardando al futuro.
Abbiamo ripercorso i luoghi dove tutto avveniva tra le fotografie, le
storie di uomini e di donne che lì dentro sono stati prigionieri anche per anni. Con noi
Mauro Zungri, direttore della Comisión de Derechos Humanos, Garantías y Antidiscriminación per la città di Buenos Aires e Alejandra Ramirez addetta culturale del Museo che di quel posto racconta ogni dettaglio storico, ogni sfumatura in grado di consegnare ciò che realmente è stato.
Perché come ci ha raccontato Salomé Grunblatt, responsabile Relazioni Istituzionali, per un Paese che ha vissuto questa rottura sociale importante, drammatica, l’unico cammino percorribile è la strada verso la verità, la giustizia e le memoria. Poter fare dell’orrore un luogo di cultura e di speranza e non di vendetta è il miglior modo per educare le generazioni future.
Ed è proprio di quella generazione strappata alle loro famiglie che fa parte Victoria Montenegro, oggi Presidente della Commissione per i diritti umani della città di Buenos Aires che abbiamo incontrato proprio al Museo Ex-Esma.
Lei 46 anni fa era una dei 500 bambini che la dittatura ha fatto sparire.
I militari sono entrati in casa di Victoria e hanno fatto sparire lei e i suoi genitori. La madre aveva 18 anni, il padre 20 e lei 13 giorni. Per 25 anni Vitoria è stata Maria Sol Tetzlaff Eduartes. Sono passati molti anni prima di poter accettare la verità, accettare che la persona che di più Victoria ha ammirato e amato è il responsabile della scomparsa della sua famiglia e della sue appropriazione. Un percorso difficile con al fianco le Nonne e la famiglia che però non ha potuto vedere subito ma che ha aspettato impaziente l’incontro.
La realtà che supera ogni possibile immaginazione, una vita sconvolta e una verità necessaria.
Oggi, 46 anni dopo l’impegno di Victoria e tutti gli argentini è per quei che 30.000 desaparecidos!


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